martedì 2 settembre 2014

Il duro lavoro dell'atteggiamento.

La maggior parte del lavoro lo fa l'atteggiamento.

Svegliarsi con ansia, con la paura di avere un altro attacco di panico o un'altra extrasistole, la forzatura di assumere determinate posture, determinati comportamenti e di mangiare determinate cose per evitare di appesantire lo stomaco e con lui il diaframma, sono tutti atteggiamenti sbagliati, che non fanno vivere davvero la vita, ma fanno solo passare il tempo.

Ed io non voglio passare il tempo. Lo voglio vivere.

Così da ieri ho cominciato a sorridere di prima mattina, nonostante la pioggia.
Ho sorriso al tabaccaio sotto casa rientrato dalle ferie, ho sorriso al sostituto del portiere dello stabile dello studio e mi sono fermata a chiacchierare, ho sorriso alla segretaria dello studio al piano di sotto e così via.
E la giornata ha preso un'altra piega.

Ho raccontato della mia ritrovata ansia alla mia collega, che a sua volta mi ha raccontato dell'incidente del figlio, salvo per miracolo dopo essere andato fuori strada con la macchina, completamente distrutta; ed ho capito che lei avrebbe un motivo in più del mio per poter essere in ansia, che motivi all'apparenza non ne ho.
«Saremmo tutti disperati se ci pensassimo sempre».

Solo una cosa non è andata bene nella giornata.
Ho cercato di confrontarmi con il mio medico e di far capire ai miei genitori, che non ho intenzione di "curare" la mia ansia con psicofarmaci per tutta la vita, e soprattutto non ho intenzione di aumentarne la dose giornaliera.

Quello che hanno fatto e fanno tuttora per me queste gocce è sì importante, ma il grande cambiamento lo devo fare io. Perché tutti abbiamo ansie e preoccupazioni, ma solo una persona su cento deve ricorrere all'aiuto dei farmaci per sentirsi sollevato. E quando si smette? Chi fa i conti con i fantasmi che aleggiano nel cervello? E la soluzione dovrebbe essere assumere farmaci a vita? No grazie. Preferisco lottare.

E mi dispiace si pensi che non mi fido del medico (che tra l'altro è prima di tutto mio zio) o dei consigli dei miei genitori, ma non mi fido del metodo perché lo ritengo sbagliato, è una vittoria per l'ansia e un'altra sconfitta per me, che so di poterne fare a meno.

Tempo fa lessi su Facebook una frase, di quelle vignette che spesso e volentieri spocchiosamente odio, diceva: «Sei stato scelto per questa vita perché sei abbastanza forte per viverla».
E' proprio così, sono abbastanza forte per viverla.

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